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Vademecum per la gestione contratti internazionali durante l’emergenza Coronavirus

Contratti internazionali

Il coronavirus COVID-19 e le decisioni emergenziali delle autorità sanitarie di vari Paesi, tra cui la Cina e l’Italia, stanno incidendo sulla capacità delle imprese di adempiere regolarmente i contratti[1]. Si forniscono qui alcune risposte a quesiti di imprese italiane che operano con l’estero:

Cosa esaminare prima di tutto dal punto di vista legale?

Epidemie e decisioni delle autorità sono in genere eventi imprevedibili e sopravvenuti, che rientrano nella definizione di forza maggiore, inclusa in una specifica clausola di molti contratti internazionali. La forza maggiore è un rimedio di civil law che il contraente impossibilitato ad adempiere può invocare, per essere esonerato dalla responsabilità per danni da inadempimento o ritardo.

Pertanto, occorrerà verificare il contratto.

Se nel contratto non vi è una specifica disposizione sulla forza maggiore, occorrerà fare riferimento alla legge del contratto o, in mancanza, a quella che risulti applicabile al contratto.

Per il diritto italiano, la forza maggiore è qualsiasi causa non imputabile al debitore che rende impossibile l’adempimento (art. 1256, 1° comma , codice civile). Per il diritto cinese, la forza maggiore corrisponde ad una situazione obiettiva, imprevedibile, inevitabile e insormontabile (art. 117 legge sui contratti della Repubblica popolare cinese http://www.china.org.cn/china/LegislationsForm2001-2010/2011-02/12/content_21908031.htm).

Per l’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci, ratificata sia dall’Italia, sia dalla Cina, ma anche da molti altri Paesi (circa 90), tra cui gli USA, la forza maggiore è l’impedimento fuori dal controllo di una parte, non ragionevolmente prevedibile al momento della sottoscrizione del contratto, inevitabile e non superabile

http://www.cisg.law.pace.edu/cisg/text/treaty.html

Tuttavia, il concetto di “force majeure” (forza maggiore) che trae origine dal diritto romano  e, come abbiamo visto, si ritrova nei Paesi di civil law (nel diritto francese, tedesco, italiano e persino in quello cinese), non è riconosciuto nei Paesi di common law (tra cui UK and USA). Infatti, la teoria della “frustration”, inglese e la dottrina americana dell’”impractibility”, hanno una portata più limitata della “forza maggiore”. Pertanto, nei contratti sottoposti esclusivamente a legge inglese o americana (con esclusione, in quest’ultimo caso, della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci), una parte può invocare la forza maggiore solo se tale rimedio è contrattualmente disciplinato.

Cosa bisogna verificare esattamente nel contratto per invocare la forza maggiore?

Come accennato, occorre verificare esattamente la definizione contrattuale di forza maggiore e confrontarla con la situazione che interessa la propria azienda.

Le epidemie, così come gli eventi catastrofici naturali sono generalmente indicati nei contratti internazionali come cause di forza maggiore, assieme a guerre, insurrezioni e atti d’imperio e della pubblica autorità (ad es. embargo).

Non rientrerebbero e, in molti contratti sono espressamente esclusi scioperi, difficoltà negli approvvigionamenti dai fornitori, crisi delle materie prime o delle fonti energetiche, nonché disfunzioni nei trasporti.

In ogni caso, perché operi la forza maggiore è necessario che detti eventi abbiano un impatto davvero rilevante sulla capacità di adempiere di una parte.

A tale proposito, in genere, i contratti richiedono che l’evento esterno debba rendere impossibile (in tutto o in parte) la prestazione. In alcuni contratti, si riconosce alla parte la facoltà di invocare la forza maggiore anche quando la prestazione diventi eccessivamente onerosa.

In linea di massima, tuttavia, non è possibile invocare la forza maggiore, in presenza di eventi che rendono solo più difficoltosa la prestazione. Questa eccezione va sotto il nome di hardship ed  è trattata spesso diversamente dalla forza maggiore, nei vari ordinamenti giuridici.

(cfr. ad es. Force Majeure and Hardship: Application in International Trade Practice with Specific Regard to the CISG and the UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts, PACE REVIEW OF THE CONVENTION ON CONTRACTS FOR THE INTERNATIONAL SALE OF GOODS 199, 327 (Kluwer, 1999-2000), also at http://www.cisg.law.pace.edu/cisg/biblio/rimke.html).

Chiaramente, la situazione “da coronavirus” non ha un’incidenza univoca sull’esecuzione dei contratti: talvolta, ci può essere un impedimento solo temporaneo o marginale e non sempre la prestazione diviene in tutto o in parte impossibile.

Pertanto, occorrerà verificare se, nel caso concreto, il coronavirus – o meglio, le restrizioni adottate dalle autorità sanitarie dei vari Paesi – siano tali da compromettere l’adempimento di una parte e da giustificare l’esenzione da responsabilità per causa di forza maggiore, così come definita dal contratto o dalla legge applicabile.

Un altro fattore da considerare è il momento in cui l’impedimento si è verificato e se era prevedibile.

Generalmente, per il contraente che invoca la forza maggiore,  l’evento non deve essere prevedibile al momento della stipula del contratto.

L’esempio che segue mostra come sia importante una corretta verifica preliminare dell’esistenza della causa di forza maggiore.

In una decisione del 5.03.2005, la corte arbitrale cinese Cietac non ha riconosciuto la Sars come causa di forza maggiore, invocata da un venditore cinese a giustificazione delle mancate consegne nel 2003, in quanto la Sars era scoppiata prima della data di stipula del contratto e, dunque, non poteva dirsi un evento imprevedibile per la parte cinese. Inoltre, il fornitore cinese l’aveva comunicato al suo cliente olandese, solo nel settembre 2003 – con un ritardo di alcuni mesi ritenuto irragionevole dagli arbitri – e fornendo prove insufficienti ancor più tardi, solo nel 2004. Di conseguenza, non operando la forza maggiore, al cliente olandese sono stati riconosciuti oltre 5 milioni di dollari a titolo di risarcimento danni.

Quali obblighi incombono sulle parti nel caso di impedimenti legati al coronavirus?

Nei contratti internazionali – ma ciò è stabilito anche da diverse legislazioni nazionali -, è previsto che la parte impossibilitata ad adempiere debba dare tempestiva comunicazione all’altra parte, fornendo prova dell’evento di forza maggiore.

Pertanto, fino a quando la parte non comunica all’altra l’esistenza di una causa di forza maggiore, non è esonerata dall’adempiere al contratto e risponde dei danni per il ritardo.

E’ dunque importante che la notifica della causa di forza maggiore sia tempestiva e circostanziata; anche perché, in questo modo, l’altro contraente potrà sospendere la sua prestazione e limitare il suo danno.

Un ritardo nella comunicazione è, in certi contratti, sanzionato addirittura con la perdita del diritto di invocare la forza maggiore. Nella maggior parte dei casi, si ritiene che, comunque, la parte sia tenuta al risarcimento dei danni fino al momento della ritardata comunicazione, a meno che dimostri che detto ritardo era incolpevole.

Detto principio è espressamente previsto dalla legge cinese, ma anche dalla Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci che, all’art. 79 (4) prevede espressamente che deve risarcire il danno la parte che non abbia dato comunicazione della causa di forza maggiore alla controparte.

Quanto alla prova, spetta alla parte che invoca la forza maggiore fornire prova tempestiva e sufficiente.

In questi giorni, il governo cinese sta aiutando le sue imprese a fornire la prova dell’impossibilità di inadempimento a causa del coronavirus, attraverso l’emissione di certificati di forza maggiore a livello centrale e via web, che le imprese cinesi possono così fornire alle loro controparti estere https://www.ft.com/content/bca84ad8-5860-11ea-a528-dd0f971febbc

Si auspica che le autorità italiane possano fornire analogo supporto alle imprese italiane che si trovano anch’esse nell’impossibilità di produrre o consegnare le merci ai loro clienti, a seguito di decisioni delle autorità italiane.

La situazione è in divenire e, mentre è chiaro che i decreti del Presidente del Consiglio dell’8 marzo  e del 9 marzo 2020 abbiano sospeso attività didattiche, eventi sportivi, culturali e ricreative in tutta Italia, così che per l’industria, culturale, ricreativa e gli enti educativi in Italia, risulta in gran parte impossibile prestare  i propri servizi (se non a porte chiuse e con collegamento a distanza), per cui per essi, l’impedimento è già di forza maggiore, la situazione è molto più variegata per le attività produttive e le imprese, dal momento che non sono legalmente vietati gli spostamenti per comprovate esigenze lavorative, anche se tali attività risultano di fatto più difficoltose.

In ogni caso, nel frattempo, è bene non trascurare gli obblighi informativi e di comunicazione alla controparte, anche per i riflessi che una tale omissione può avere sulla responsabilità contrattuale, anche da ritardo. In tutti i casi di incertezza, è opportuno comunque rinegoziare il contratto e trovare un’intesa per iscritto con la controparte. Di seguito, si forniscono alcune minime indicazioni al riguardo.

Quali sono le conseguenze sui contratti in corso e cosa fare?

Una volta accertata una causa di forza maggiore, le alternative potranno essere:

  • la sospensione,
  • la rinegoziazione o
  • la risoluzione dei contratti.

1) La risoluzione

Nei contratti internazionali, molto spesso di durata, non è generalmente previsto che la causa di forza maggiore faccia cessare automaticamente la relazione contrattuale.

La risoluzione del contratto è tuttavia inevitabile se la prestazione della controparte risulti impossibile o non più eseguibile. Inoltre, alcuni modelli di contratto internazionale (ad es. quelli Fidic, nel settore delle costruzioni) prevedono che la risoluzione del contratto faccia automaticamente seguito alla comunicazione della causa di forza maggiore.

La liquidazione conseguente alla risoluzione del contratto per (valida) causa di forza maggiore, seguirà i criteri previsti dal contratto e dalla legge applicabile, tenendo conto che non potranno essere risarcibili i danni, a meno che la parte fosse anche inadempiente per altri motivi o abbia tardato ingiustificatamente a comunicare all’altra l’impedimento di forza maggiore.

Quanto ai profili restitutori, il diritto italiano prevede che la parte impossibilitata totalmente da causa di forza maggiore  non possa richiedere la controprestazione all’altra e debba restituire quanto ricevuto. Se l’impossibilità ha riguardato solo una parte della prestazione, la controparte avrà diritto ad una corrispondente riduzione (artt. 1463 e 1464 codice civile). Tali criteri restitutori si ritrovano spesso nei contratti internazionali. Ad esempio, la clausola modello di Forza maggiore dell’ICC (2003), prevede che la parte che abbia tratto un beneficio dal contratto parzialmente eseguito, debba comunque compensare l’altra in misura equivalente al beneficio ricevuto (cfr. Pubblicazione 650 dell’ICC https://iccwbo.org/content/uploads/sites/3/2017/02/ICC-Force-Majeure-Hardship-Clause.pdf ).

2) La sospensione

Nei contratti internazionali di fornitura e distribuzione, dove maggiore è l’interesse a conservare la relazione, è spesso previsto il rimedio della sospensione ed è indicata la durata della sospensione per un tempo breve, variabile da alcune settimane ad alcuni mesi.

Quanto alle spese nel periodo di sospensione, in mancanza di specifica pattuizione, si ritiene che ciascun contraente sopporti le proprie spese, non potendole addebitare alla parte che abbia legittimamente invocato la causa di forza maggiore.

Naturalmente, la sospensione non può prolungarsi indefinitamente e, in molti contratti, si stabilisce che, decorso un certo termine, il contratto debba essere risolto o rinegoziato.

Analogamente ad altri ordinamenti, se l’impossibilità temporanea si protrae, la legge italiana  consente di risolvere il contratto al creditore che non abbia più interesse alla prestazione dell’altra parte o, comunque, qualora non abbia più un apprezzabile interesse ad una prestazione solo parziale (art. 1256, 2° comma e art. 1464 codice civile).

3) La rinegoziazione

Nel silenzio del contratto e, comunque, in una situazione di incertezza tanto sulla durata, quanto sulla portata dell’impedimento, la rinegoziazione con la controparte  costituirà ragionevolmente la strada preferibile.

La rinegoziazione potrà, nei casi più semplici, essere:

– un accordo scritto sui termini di sospensione e/o

– una mera riprogrammazione condivisa delle date di consegna, ovvero

– un allungamento concordato della durata del contratto per un tempo pari al periodo sospeso, mentre,

– nei casi più complessi, si tratterà di riequilibrare le prestazioni delle parti, adeguandole alla mutata situazione o di addivenire alla cessazione concordata del contratto, con definizione anche degli aspetti economici.

In mancanza di accordo scritto, occorrerà fare riferimento alla legge scelta dalle parti nel contratto o, in mancanza di detta scelta, alla legge applicabile al contratto.

***

Non è possibile, ovviamente, dare conto di tutte le casistiche, ma è chiaro che conoscere le regole del gioco anche da un punto di vista legale previene passi falsi che espongono l’azienda a contenziosi e, soprattutto, è utile per (ri)negoziare al meglio.

 

© Mariangela Balestra, 2020

 

RIPRODUZIONE RISERVATA

 

[1] Sullo stesso argomento, confronta Avv. M. Balestra, “Gestione dei contratti internazionali”, il “Quotidiano Giuridico”, http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2020/03/04/coronavirus-e-gestione-dei-contratti-internazionali-indicazioni-generali-e-suggerimenti-operativi

 


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